domenica 12 agosto 2012

L'Ilva, il diritto alla salute e al lavoro

Per anni è stato un nostro argomento di discussione, di lungi litigi, prese di posizione. Tutte le volte che si decideva di passare qualche giorno in Basilicata o in Calabria si riapriva la diatriba.
SS106, chiusi i finestrini per non essere ammorbati dal cattivo odore dell'ILVA. Quell'odore che ci accoglieva quando tornavamo dai campi SCOUT. Ci rendevamo conto che   eravamo a casa quando in lontananza si intravedeva il cielo rosso di Taranto.

Quanto dolore ogni volta che apprendevamo che quell'amico, quel conoscente improvvisamente spariva per tentare il viaggio della speranza.
Il cancro, come una serpe gravida, si insinuava quotidianamente.

I bambini costretti a vivere con un cielo costantemente plumbeo sulle loro teste.
E me lo ricordo il libro che la Regione Puglia fece stampare che conteneva tutti i disegni e le lettere piene di paura dei bambini tarantini.
Non riesco a trovarlo ora sul web ma la lettera che il Presidente Vendola inviò al Presidente del Consiglio Berlusconi, con il libro allegato, è datata 30 luglio 2008.

Luglio 2008 - luglio 2012. Sono trascorsi altri 4 anni e nessun passo è stato compiuto.

C'era tutto il tempo per cambiare lo stato delle cose in questi 1.460 giorni o se volete in queste 35.040 ore. Lasciando perdere ciò che era avvenuto prima.

Mi domando se in 35 mila ore la politica non sia in grado di trovare una soluzione che metta a riparo salute e lavoro; mi domando se non si è avuto davvero il tempo per studiare casi analoghi nel resto del mondo ...

Abbiamo una politica "ciuccia", incompetente, lassista, disinteressata della vita delle persone e dell'economia di un intero Paese.

Farci trovare oggi di fronte alla scelta scellerata di preferire se mandare a casa migliaia di lavoratori o continuare a far morire le persone non trova nessuna giustificazione. Non siamo noi a dover parteggiare per uno o per l'altro.

Questa politica deve pagare, a destra e a sinistra e non può oggi permettersi il lusso di mandare a casa, in mobilità migliaia di lavoratori.
Questi lavoratori devono essere indennizzati, finché non riapriranno gli impianti, perché gli impianti DEVONO riaprire; devono essere indennizzati personalmente dagli attori politici.

Paghi Berlusconi, paghi Vendola, paghino tutti quei parlamentari asini e che non si sono impegnati a fare il loro dovere, quel dovere per cui vivono una vita agiata, una vita privilegiata.
Paghi la famiglia Riva come proprietaria dell'azienda e che si è arricchita consapevole della morte che andava seminando.

Non voglio ricorrere all'invocazione della giustizia divina e maledirvi tutti perché la gente deve portare il pane a casa ; giustizia sia fatta oggi.

Benedico il Giudice che ha ordinato il blocco dell'impianto perché è giunta l'ora della resa dei conti.

E non dovranno essere i lavoratori a dover combattere per la conservazione del posto con la consapevolezza  di ottenerlo a scapito della loro salute e di quella dei tarantini.
E' ingiusto far macchiare di questo delitto, rendere complici di questo disastro coloro che hanno un unico neo: sono poveri e devono sopravvivere in un territorio in cui le regole le dettano gli altri.

mercoledì 27 giugno 2012

IL LAVORO NON E' UN DIRITTO. PINUCCIO CHIAMA LA FORNERO.


lunedì 18 giugno 2012

FW: La guerra dei memi. Gli influencers e il nemico PD


 Un meme, scrive Kalle Lasn fondatore di Adbusters.org, è un’unità di trasmissione culturale (uno slogan, un pensiero, una melodia, un concetto di moda, filosofia, politica) che si trasmette di cervello in cervello. 
I memi lottano per riprodursi e si diffondono fra la popolazione in maniera molto simile al modo con cui i geni vanno a caratterizzare una specie biologica. I memi più potenti sono in grado di cambiare le menti, di alterare comportamenti collettivi di opinione e di trasformare intere culture. 
Ecco perché la guerra dei memi è diventata la principale battaglia geopolitica dell’era dell’informazione. 
Chiunque sia in grado di controllare memi ha, di fatto, il potere tra le mani. 


L’espressione “guerriglia dei memi” è stata utilizzata per la prima volta da Paul Spinrad in <Adbusters>, nell’inverno 1995. Ma in realtà riprende una profezia di Marshall McLuhan, che recitava più o meno così “la prossima rivoluzione – la Terza guerra mondiale – sarà una guerriglia dell’informazione, combattuta per le strade o nei cieli, non nei boschi o in alto mare, in prossimità delle frontiere di pesca internazionali, ma sui giornali e sulle riviste, sulla radio, le televisioni e Internet”.

Ovvero una feroce guerra di propaganda a tutto campo fra contrastanti idee del mondo e del futuro. 


Questa guerra non solo è iniziata da parecchio, ma è una guerra che ormai si combatte ovunque. I mercati sono conversazioni, ci raccontavano a fine anni novanta quelli del Cultrain Manifesto. Grazie alla rete, i mercati diventano più informati, più intelligenti e più esigenti rispetto alle qualità che invece mancano nella maggior parte delle aziende. 


Nelle conversazioni, la reputazione di una azienda è tutto; per questo la reputazione è soggetta a guerriglia informazionale da parte dei competitor.


venerdì 8 giugno 2012

Tradita dalla pietà

Scrivo adesso terapeuticamente, evitando di ricorrere a legali e forze dell'ordine perchè alla fine noi donne siamo così, non riusciamo ad essere davvero giuste, a far male davvero.
Scrivo perchè ancora mi sento ferita e forse dipende soltanto dalla mia sensibilità, dal fatto che immagino sempre che gli altri debbano trattarmi, rivolgersi a me, così come io tratto e mi rivolgo loro.
Stabilisco le regole, tento di condividerle quando ne propongo nuove che permettano di superare le cattive prassi cui ci si è abituati, insomma inseguo l'idea della convivenza civile.

Da più giorni sto trattando una pratica sul posto di lavoro, di quelle fatte male sia per avidità del proponente, sia per superficialità da parte dell'organizzazione professionale delegata.
Con le buone maniere ho tentato di far ragionare il primo e la seconda per sanare ogni neo e ogni dichiarazione che sfiorava la mendacità. Tutto ciò nell'interesse di tutte le parti, principalmente del cittadino che per godere oggi di un beneficio, rischierebbe domani di essere pesantemente sanzionato o addirittura perseguito legalmente.

Abbandonata, come capita da sempre, dal mio superiore gerarchico che mi affida tutto il procedimento in virtù della massima fiducia che prova per me - la firma di ogni provvedimento ce la mette lui però -, oggi, per togliersi la rogna di un cittadino poco educato ed insistente, superando ogni logica, sovverte le regole e mi "consiglia" di chiudere la pratica e tutto ciò dinnanzi al cittadino.

Chiaramente ho manifestato il mio dissenso e mi sono rifiutata di chiuderla in quel momento, andando via e tornando nel mio ufficio!

Neanche cinque minuti e mi sono ritrovata il cittadino invasato che mi ha vomitato addosso di tutto.
Tono della voce alto e alterato e al mio "la smetta di gridare", il suo "Io sono il suo datore di lavoro e grido quanto mi pare" e poi "Siete voi che portate la gente al suicidio, ma io non mi suicidio, preferisco farlo a voi".
Frase sgrammatica ma chiara nel contenuto: una minaccia.
Presente il mio collega che cercava di calmare l'uomo.

Accettare come se nulla fosse dichiarazioni mendaci, censurata nel dover richiedere documentazione comprovante il possesso di determinati requisiti e poi, giusto per togliersi di torno la rogna dell'invasato, quasi obbligata a non compiere il mio dovere ed infine, aggredita verbalmente e minacciata.

La violenza è doppia, è tripla.

Ancora adesso sto male.

Tenere testa alle insistenze, a coloro che tentano sempre le vie più corte per ottenere ciò che non gli spetta. Non cedere alla minaccia, controllare la paura e sapere che alla fine la responsabilità della scelta ricade solo e soltanto su di te e che il collega o il superiore gerarchico sicuramente non avranno il tuo stesso coraggio. Si, ci vuole coraggio ed il mio istinto, per fortuna, lo manifesta in ogni occasione salvo poi ritrovarsi con il cuore dappertutto, il sangue che scorre triplicando la sua normale fluidità e con il timore di non farcela, che il fisico tradisca.

Però il tradimento più importante lo commetto da sola. Tradisco me stessa perchè non voglio arrecare ulteriori danni, non voglio ricorrere alla denuncia vera. Quella che poi ti arrivano i carabinieri da casa e ti rovino la vita.

L'estrema pietà delle donne che salva sempre gli uomini violenti.

Sono ancora in ebollizione, sto riflettendo, il battito del cuore, nonostante siano passate diverse ore, è ancora accellerato e mi sento insicura. Sto qua a scrivere nel tentativo di sentirmi meglio, di vomitare il malessere che mi ha invaso.

A casa non ho detto nulla, ho accennato qualcosa al mio compagno perchè stavo rientrando prima dal lavoro. Se mio padre o i miei fratelli venissero a conoscenza dei fatti, dubito comprenderebbero adesso la mia scelta immobile. Se altri sapessero, mi direbbero che non ne vale la pena inseguire sogni di buone prassi,  che è meglio toglierselo dai coglioni uno così invece che rischiare chissà che.

E' meglio chiudere un occhio con certe persone, per evitare guai ma io, anche se adesso sto male, NON HO PAURA!

e vaffanculo

mercoledì 4 aprile 2012

IL LAVORO NON E' UNA MERCE, IL LAVORO E' UNA PERSONA


CONDIVIDI E SOTTOSCRIVI

http://www.cgil.it/Petizione/Articolo18_042012/default.aspx


IL LAVORO NON E' UNA MERCE
IL LAVORO E' UNA PERSONA 


La CGIL è impegnata in un’iniziativa straordinaria per i diritti dei precari e dei giovani, per ammortizzatori universali e perché un lavoratore licenziato senza giustificata causa o motivo possa essere reintegrato. Per dare forza a questa iniziativa, per sostenere questi diritti e la mobilitazione della CGIL firma anche tu.
La CGIL chiede a tutti i lavoratori e alle lavoratrici, a pensionate e pensionati, ai precari, ai disoccupati, agli studenti e a tutti i cittadini di sottoscrivere un APPELLO per il valore sociale del lavoro, per la buona occupazione, per la tutela dei diritti fondamentali a partire dallo Statuto dei Lavoratori e delle norme contro i licenziamenti illegittimi. Contro la crisi e la disoccupazione i lavoratori e le lavoratrici, le donne e i giovani, hanno bisogno di sviluppo, di scelte che creino occupazione, di meno precarietà, di tutele. Questo chiediamo al Governo e al Parlamento a partire dalla riforma del Mercato del Lavoro. I primi risultati positivi ottenuti nel confronto con il Governo per combattere la precarietà devono essere confermati e migliorati: è utile combattere gli abusi ma un’intera generazione schiacciata da 10 anni di precarietà e di falso lavoro autonomo chiede certezze ulteriori per il proprio futuro. Gli ammortizzatori sociali devono riguardare tutte le imprese, tutti i settori, tutte le forme di lavoro. Universalità e inclusione, questo è il risultato che deve essere raggiunto con la riforma degli ammortizzatori sociali. Le norme per contrastare i licenziamenti illegittimi rappresentano un diritto inalienabile per i lavoratori. L'art. 18 è un diritto di civiltà e un deterrente contro gli abusi su altri diritti: impedisce di licenziare il singolo lavoratore senza giusta causa o giustificato motivo. Prevedere per il licenziamento economico solo la possibilità di indennizzo è sbagliato e ingiusto: la nuova norma produrrà migliaia di licenziamenti a partire dalle figure più deboli attraverso una falsa motivazione. L'unico vero modo per evitare una palese ingiustizia, per evitare abusi, è la permanenza del meccanismo del reintegro. Questo bisogna che chiediamo e chiedano con forza milioni di lavoratori al Parlamento italiano.

giovedì 15 marzo 2012